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Estate

anche quest’anno è andata.

La programmazione estiva fatta di campi gioco in città, settimane e week end al mare, al lago, in collina, in campagna e gli incastri con nonni, zii, babysitter hanno ricostruito una rete attorno al vuoto della chiusura estiva delle scuole.

cosa facevo in estate da piccola? Stavo con mia mamma che non lavorava. Oziavo sul divano. Leggevo. Ore di TV. Mi riposavo.

i miei figli, invece, sono passati da una location all’altra, come delle trottoline, hanno visto mille posti, fatto tanti bagni… ma si sono riposati?? E soprattutto sono stati bene?

Anna appena usciamo da qualsiasi luogo mi guarda sospettosa ” ndove ndiamo ?”.

Tommy mi chiede della Sandra (logopedista) e del “pulmino per l’Antonella ” (ASL).

Giacomo stasera mi ha detto che vuole giocare con i suoi lego a casa sua. Nella sua amata afa padana.

e io, a dire la verità, un po’ stanca lo sono. C’è qualcosa che non mi torna in questa orchestrazione estiva titanica.

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Ridatemi settembre. Dopo il 15, però.

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Piscina

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Togli le scarpe, metti le ciabatte, la cuffia, l’accappatoio. Una , tre, mille volte. Insistere per raggiungere ogni volta, una piccola meta. Gioire per mezza scarpa slacciata, 10 secondi di doccia fatta senza urlare. E quando finalmente lo guardi seduto tutto vestito con un cracker in mano, sapere che e’ il tuo momento. Adesso hai almeno venti secondi per mettere il malloppo inzuppato nello zaino . ti puoi togliere le ciabatte e rimettere le scarpe, mentre con occhio controlli che non rubi la merendina al vicino. O che non prenda per la quinta volta la calzina rosa della bimba con i codini. Sua madre sbuffa. Tommy profuma di cloro, ha gli occhi rossi. La maestra mi fa un cenno e mi dice che Tommy non ascolta, che si mette le mani sulle orecchie e fa quello che gli pare. Gia’ . Figurarsi se oltre a tutta la faticaccia arriva almeno una soddisfazione. Forza tommy, andiamo. Ultimo obiettivo : dai che arrivati alla macchina sentiamo una bella canzone. 

 

 

 

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Della rabbia dei genitori

Attraverso il mio lavoro, mi e’ capitato, anche prima della nascita di Tommy, di incontrare famigliari di persone disabili. Li ho trovati spesso polemici, attabrighe, poco disposti a mediare. Li ho sempre bollati come persone arrabbiate con tutto il mondo, a causa della loro sfiga che in qualche modo, non avevano ancora accettato.

Che superficialità. Ora me ne vergogno.

Ora capisco. Ora che appartengo anch’io al mondo degli “sfigati.”

Capisco che un genitore  deve sempre stare sulle barricate, armato fino ai denti, per difendere ciò che ha , oppure sul campo di battaglia a lottare continuamente per ciò che non ha. Capisco che nulla e’ scontato. Che Tommaso, x fare un corso di nuoto, per partecipare ad un campo estivo, per iscriversi alla scuola materna che più gli piace deve fare un “percorso a parte”. Che appena dico ” ha la sindrome di down”, partono sguardi imbarazzati, alle volte scocciati. “Ah signora adesso vediamo se riusciamo a organizzarci”.

Che non ha gli stessi diritti degli altri bimbi. Bisogna chiedere, sempre e comunque, il ” piacere” .

Io  dico gli altri genitori, quando vanno al nido x iscrivere il proprio bimbo al tempo lungo (pagando, ovviamente) , x esigenze lavorative (ovviamente)  come si sentirebbero se gli si dicesse ” eh. Vediamo se riusciamo a organizzarci?”

Giusto per fare un esempio:  a me piace l’approccio della scuola materna steineriana. Costa, e’ privata, qui a Reggio, a due passi da casa mia..  Dopo la partecipazione di Giacomo al loro campo estivo, ne ero entusiasta.. E quindi ho pensato ingenuamente che fosse perfetta x Tommy. Dopo un colloquio imbarazzante con le maestre me ne sono uscita, tutta mortificata, con un bigliettino con un numero di telefono. Di un medico di Verona “che dovrebbe valutare il bambino”. Ma dico, siamo matti???????????

Ecco, adesso sono un genitore di bambino disabile. Polemico e incazzato. Punto. E per non chiudere questo post solo negativamente vorrei dire impariamo dai bambini..grazie Gaia , Laura e Tommy.  Questa foto mi fa credere ancora che un mondo migliore sia possibile.

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21 marzo

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Primo giorno di Primavera e Giornata Mondiale della Sindrome di Down.

qualche giorno fa Giacomo mi ha chiesto “mamma, ma tommy non guarirà mai?” . Sudore freddo.

“no, non guarirà mai. Lui non è’ malato. Lui è’ cosi’.”

E mi è’ venuto in mente che quel pomeriggio abbiamo fatto una lunga corsa, Tommy ed io, attraversando il parco. Lui mi teneva la mano e rideva a più’ non posso, mentre gli dicevo “veloce, veloce!”. E mentre correvamo ad un certo punto, Tommy ha detto “Felice”.

un po’ mi sono stupita, ho pensato di aver sentito male, ma lui lo ha ripetuto. FELICE. (Eh….?…..)

allora Tommy non è solo quel bimbo che mangia e si avventa sul cibo senza cognizione, che ripete continuamente le parole Pimpa e Peppa. Non è’ solo il bambino che non parla bene, che ondeggia camminando e ancora non ha imparato a saltare.

Lui sa dire alla sua mamma che correre con lei lo rende felice.  E per questo ringrazio. Per il dono di questo bambino, che ogni giorno mi stupisce e mi insegna che bisogna credere e avere fiducia negli altri. Anche quando questi sono così diversi da noi da essere percepiti come “malati”. Lasciamoli liberi, liberi di essere.

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happy birthday

imageecco. mi sento che sto per scrivere uno di quei post, tipici da mamme, nel giorno del compleanno dei loro pargoli.
ma non posso fare altrimenti.
Per sdrammatizzare, diro’ che quest’estate e’ stata faticosa. A casa, per scelta, con entrambi, e’ stato un susseguirsi di rincorse…Tommaso al parco mentre afferra la merenda di un altro bimbo, Tommaso, che si sdraia bellamente sugli asciugamani degli altri in spiaggia, Tommaso che mastica una chewing gum raccattata da un pattume, tommaso che si lancia nel lago con scarpe e giubbino… la mamma che tenta di prestare attenzione a Giacomo che a sua volta rincorre la mamma che rincorre Tommaso… ma oggi e’ il suo giorno, e allora, queste fatiche mi sembrano piu’ lievi. E sorrido mentre affonda entrambe le mani nella panna montata della torta, strofinandosele successivamnete sulla testina bionda. E penso che senza questo piccolo terremoto non saremmo quello che siamo, saremmo piu’ tristi. Giacomo si terrebbe dentro tutti i baci che spalma sulle guancie di suo fratello, ogni mattina.
gabbo ed io avremmo forse piu’ tempo per noi, ma una fetta consistente di amore in meno. Alla fine del bagnetto, un po’ si fa a gara a prenderlo su’. Lui ti getta le braccia al collo, e poi ti fa”pat pat” sulla schiena, con quella manina minuscola. Quella manina, ti dice tutto.

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Il (piccolo) despota

Arriviamo con trepidazione ad uno dei nostri innumerevoli controlli, quelli che servono ” per fare il punto”. due ore d’auto, di cui una e mezzo ascoltando il cd di Pollicino. Giacomo, con lo zainetto rosso, motivato dal solo fatto che dopo la levataccia, il viaggio e i dottori, potra’ finalmente vedere il famoso Acquario. Tommaso, da mezzora invoca PAPPA PAPPA, ma siamo in ritardo, quindi, via , di corsa. Entriamo nella solita saletta, piena di giochi ad incastro, torri, palle , ecc. Giacomo sbuffando si siede a terra. Tommy viene invitato al tavolino. Lo vedo gia’ male: si siede dicendo no, e dopo due minuti scaglia il gioco degli incastri addosso alla fisioterapista. Sguardo severo. Tommy si alza, apre a caso un armadio, ridendo, mentre la logopedista dice “No!!”. A Giacomo scappa una risatina, ma viene ripreso “Quando tuo fratello viene sgridato, devi stare serio”. Noi, mamma e papa’, intanto sprofondiamo sempre di piu’…il senso di colpa tocca il culmine quando ci viene detto ” se continua cosi’ i suoi pari non lo accetteranno mai”.
farfugliamo che ci dispiace, che in effetti, non lo puniamo mica tanto. forse non alziamo troppo la voce. si’ , e’ vero. lo sgridiamo poco. non e’ mai andato a letto senza cena.
usciamo a testa bassa. Giacomo chiede se ci andiamo comunque, all’Acquario.
si’ , si va.
Lo guardiamo, il piccolo despota. “pane!!!”, urla.
Scattiamo entrambi, crackers e mela in mano.
no, non ce la faremo mai.

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Get Your Way

imageper lavoro, mi capita, e non credo sia affatto un caso, di incontrare altri genitori di ragazzi “disabili” e di confrontarmi, di ragionare su progetti ed iniziative relativi al “mondo della disabilita’”. in particolare adesso si sta parlando di un progetto di mobilita’ riservato a ragazzi “svantaggiati’ , under 30. un tirocinio formativo all’estero , 15 giorni. Luoghi lontani, sconosciuti: Malta, Turchia, Inghilterra, Spagna, Lituania…. arrivano mamme, sorelle, papa’ , e quando non ci sono, educatori o assistenti sociali, con i curricula dei ragazzi, a volte stroppicciati e scritti a mano, a volte, perfetti, immacolati, stesi in cartelline plastificate.. e c’e’ una domanda, che viene costantemente lasciata in bianco : “motivazioni per la partecipazione a questo progetto”.
Qualche genitore farfuglia che e’ un’esperienza, qualcun altro mi dice “mi avete chiamato voi”.
Ma, ” i ragazzi”?
i ragazzi , come Tommy , anche se fanno parte del mondo parallello, “il mondo della disabilitA'”, delle risposte le darebbero. e forse perfettamente in linea con il titolo del progetto “Get Your Way”, faccio la mia strada, a modo mio.faccio come voglio io.

e allora , se indagassimo quella domande, scopriremmo che ” i ragazzi svantaggiati”vanno all’estero, con le stesse motivazioni dei ragazzi “dell’altro mondo”, quello normale.
per guardare altrove, assaporare piatti misteriosi, conoscere gente nuova, cimentarsi in un’altra lingua, per avere un ‘occasione di ‘rigiocarsi’, di essere altro, rispetto a quello che sono qui, a casa, nel loro contesto. per fare un’esperienza, di autonomia, in gruppo, senza i genitori.
percorrono le stesse strade, sostano negli stessi luoghi in cui sono passati altri ragazzi, che hanno preso parte ad esperienze di mobilita’europee, probabilmente.
da una parte mi viene da dire, Grazie Europa, e grazie ai programmi europei che danno questa opportunita’di uscire dai propri confini, di scoprire, di crescere.
dall’altra, invece, mi viene da dire,con un po’ di rabbia, basta. Basta con gli steccati, la divisione dei mondi, le persone “speciali”, i progetti per i normali, quelli per i disabili fisici, cognitivi, gli svantaggiati, gli sfortunati, i matti.
basta.

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cugini

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fango, pozzanghere qua e la’, temperatura quasi primaverile. vabbe’ dai, si va al parco. una telefonata al volo a mia cognata e dieci minuti dopo siamo tutti in pista, al parco delle caprette. solo una madre puo’ capire cosa significa parco delle caprette dopo tre giorni di pioggia.
vuol dire suole interrate fino ai solchi piu’ profondi, unghie nere, pantaloni non bagnati, ma trapassati, e il pensiero costante , quasi ossessivo, agli stivaletti rossi intonsi che stanno a casa, nella scarpiera.
Poi, per una ragione che mi e’ ancora oscura, i bambini , quando i giochi sono fradici, gli scivoli circondati da piccoli stagni, le altalene lucide d’acqua, ci salgono ancora piu’ volentieri.
Tommaso si aggira in zona giochi entusiasta . Intuisco che sta studiando i vari articoli presenti nel parco per eleggere il piu’ pericoloso da sperimentare ed aumentare cosi’ la tachicardia della madre…e fortunatamente anche questa volta segue saggiamente il fratello intento a navigare con Viola su un vascello pirata.
Le solite storie tra cugini. Viola che ama Giacomo , che e’ grande. Tommy che ama Viola e Giacomo perche’ sono grandi. Samuele, il piu’ piccolo non lo fila nessuno, non avendo ancora raggiunto la posizione eretta. ma , no problem, c’e’ la nonna al seguito, oggi. tommy giacomo e viola sono sul vascello e tutt’intorno, il mare e’ infestato da squali, loro un po’ ridono, un po’ hanno paura, si stringono tra di loro, Giacomo e Viola proteggono Tommy con le braccia. metafora della vita, inizio gia’ a commuovermi. Mi rendo conto , in un attimo , di quanto amore ci sia tra di loro, del clan che hanno gia’ formato. Ci saranno, l’uno per l’altro, per sempre.
“zia, fallo scendere, tommy, noi vogliamo andare forte”.
ehm. pardon, subito.image

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Complimenti Signora!

ho scoperto l’esistenza di una specialissima fetta di persone che e’ fissata con i bambini con la sindrome di Down. Sono quelli che al fondo del viale, quando tu li vedi ancora alti un fiammifero, ti sorridono a 32 denti Alle volte agitano le braccia come se stessero annegando, poi, pian piano, quando si avvicinano lo sbandieramento si trasforma in un “ciao-ciao”, accompagnato da una mimica facciale esagerata. Tommaso , che solitamente saluta anche l’omino che ti fa la lettura del gas, in questi casi, si gira dall’altra parte e mugugna tra i denti una sequela di no. fa anche un capriccetto, se puo’, con mescolino, e testa bassa.

poi partono i complimenti . “mai visto bambino piu’ bello al mondo” ; ” e’ irresistibile” , e, a seguire ” come si fa a non amarlo”, “siete fortunati ad avere un bambino cosi'”… ecc.

non mi dilungo.

Diverse volte mi e’ stato chiesto “posso baciarlo?

Ah bein. qui arriva la vendetta. ” no, signora glielo da Tommy un bel bacino”.

una bella striscia di bava di lumaca, solitamente condita da rigurgiti di vario genere e/o grumi di catarro, appare sul viso delle pie donne.

se ne vanno , sempre sorridenti.

e’ proprio una categoria specialissima.

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3 dicembre

 

oggi e’ la giornata internazionale delle persone con disabilita’. ci sono iniziative in tutta la citta’, conferenze stampa, spettacoli, manifesti.
io invece vado ad un funerale.
Al funerale di una ragazza che qualche anno fa si era messa in testa di andare a comprarsi i fumetti da sola, in centro. e a vedere la partita di basket al Palazzetto. ma i marciapiedi da via kennedy alla via emilia non lo permettevano.
una ragazza mora, con due occhioni profondi e dolci. che sapeva arrabbiarsi di fronte alle ingiustizie, come quella volta , al cinema quando ci hanno piazzato sotto lo schermo, e dopo 2 minuti avevamo gia’ tutti il torcicollo. “sono questi i posti Riservati ai disabili?” , chiese al cassiere imbarazzato.
una ragazza che viveva con altre ragazze, non in una casa ma in un “appartamento protetto” che, di fatto era la sua casa. la sua stanza era piena di oggetti da ragazza e di un poster dell’Inter. Se l’andavi a trovare senza avvisarla prima, dopo un po’ ti liquidava con un”beh, io adesso vado al computer”.
questa ragazza che , quando ha saputo della sindrome di down di tommy , mi ha detto”Embe’? Quando me lo porti che voglio vederlo?”.
Non te l’ho portato, Anto. Non ho fatto in tempo. Non mi sono presa il tempo .
E adesso e’ tardi. Pero’ domani verro’ a salutarti, come si salutano gli amici . quelli veri. con o senza disabilita’.